“L'artista nel suo interno è il più esposto al vento del rinnovamento”"

Giudizi critici

Alcuni giudizi critici :

" le sculture di M. Biondi ci appaiono, più che una intuizione artistica, una realtà: una realtà un po’ alla Gemoto per intenderci, ma illuminata da una personalissima intuizione dello spirito. Ne scaturisce perciò una scultura sua non figure e nemmeno manichini.
S.  Tripodi (1933)

...E' dunque evidente basta guardare “Il Vecchio” bronzo da cera persa  che Biondi, oltretutto, ha l’intuizione penetrante del soggetto, la facoltà di “metterlo” nella cera, nella creta o nel marmo sorretto da un  straorinario assorbimento del segno; cose queste, che lo portano allo effetto voluto creando, cioè, dal soggetto il suo “oggetto” che,  pur rimanendo psicologicamente e spiritualmente umano, ci porta spesso all’astrazione.
P. Antonuccio (1933)

… Un artista capace di esprimere il suo ideale: nei suoi inchiostri nei suoi disegni, nelle terre-cotte, nei suoi bronzetti abbiamo la traduzione pratica di una ricerca insaziata a livello d’ arte
A. Venturi (1933)

… C ‘ è nella sua Grafica e in quell’ unica tela, lo stesso tono di consapevole forza e lo stesso accento umano che troviamo nelle sue sculture.
A.  Panza (1934)

… Il disegno, Biondi, l’ha nel sangue ed è naturale quindi, che la  sua scultura ci appaia come la spiritualizzazione della materia: in quelle forme sofferte, in quelle membra che vibrano c’è tutta l,inquietudine  sua e del mondo che lo circonda.
V. Esposito (1934)

… E' fuori dubbio che  Biondi,  come artista, esiste: nei suoi inchiostri  e in tutte le sue opere non vi sono improvvisazioni, e  - ad una asprezza quasi primitiva- accoppia una costruzione varia ed equilibrata una acuta trasformazione della realtà che, spesso, è lirismo.
G. Casciano (1939)

Non è molto quanto ho visto dello scultore Biondi. Ma è tanto da trarne il convincimento che in ciò che fa egli cerca sempre di “scavare” dentro portandosi spesso al di fuori e al di là del reale pur non rinnegando il passato.
G.  de Chirico (1952)

I suoi soggetti sono posseduti e trasformati dal sentimento e dal segno e tutto si concreta in una ricerca esasperata della fisionomia intima degli stessi.
P. Scarpa (1953)

. .. Stira le figure, le esalta con linee costruttive nuove, con accentuazioni  e ritmi fino ad una felicità espressiva e spontanea lontana da incrinature, da convenzionalismi e da una facile retorica.
M. Biancale (1954)

...Assai delicato nella tavolozza, M. Biondi è preferibile nei suoi “inchiostri” e nei “guazzi” come risulta nel paesaggio; ma anche nella figura l'artista riesce a dare un clima di umana tensione pur lasciando uomini e cose nel loro mando naturale.
M. Venturoli (1955)

... Indubbiamente in Biondi v’è vocazione d’artista: il suo modo di “fare arte” non rompe con la tradizione che anzi rispetta; ma' genera una vitalità, un dinamismo che sono propri di chi produce stati d’animo in immagini e, quindi, in poesia.
V. Guzzí (1960)

… L’arte del Collega Biondi è molto simile alla nostra arte, alla mi a perché umana, espressiva, realistica anche se da lui il realismo è reso spesso astratto dalla singolarità del segno sia nel bianco e nero (inchiostri) che nei colori dove, però, è sempre presente lo scultore. Egli riesce, sia nella creta che nel bronzo, nel marmo o nel legno a trasferire nel corpo dei soggetti un’agitazione interiore che li fa vibrare, a volte, di una violenza quasi carnale.
Jang-Jng-Feng (1960)
Scultore Formosa

… La problematica del dinamismo della materia statica, che il buon Mirone risolve col famoso Discobolo, trova in M. Biondi nuove soluzioni nelle quali la vibrazione delle membra e di panneggi è come generata da uno spirar di vento continuo che muove ed agita la creta come se fosse viva e mobile. I rapporti tra ombra e luci, tra pieni e vuoti, tra realtà oggettiva ispiratrice e soggettivismo della più libera interpretazione artistica raggiungono un euritmia quasi perfetta e un fascino che sempre si rinnova.
Come in certi dipinti, ottimi, c'è di continuo qualcosa di nuovo da scoprire, così nella grande e piccola statuaria di M. Biondl l’imprevedibile susseguirsi degli elementi volumetrici e chiaroscurali generano, ad ogni mutar di luce o di punto  di vista, inattesi aspetti che fanno delle sue opere piccoli capolavori dai molteplici elementi espressivi egualmente lontani dal linearismo, dalla nuda sintesi e dalla troppa calligrafica analisi.
M.C. Malverna (1963)

...Le opere più recenti di Biondi evidenziano l’affermarsi di una tecnica che è quella che l’artista ha saputo dare a se stesso e cioè un espressionismo sinuoso e contorto, a volte spasmodico, dove la figura è sempre in movimento. Egli ha saputo fondere l’aspetto materiale e immediato della natura con quello che nella natura stessa può esservi di inatteso e di fantastico.
F. Miele (1963)

... Anche quando dipinge e disegna M. Biondi  ha la spiccata visione dello scultore e i suoi soggetti egli li "vede" in chiave scultorea.
Colpisce quel continuo agitarsi di membra, quel palpito, a volte sommesso, quella non sosta: i corpi pare perdano peso e gravità scoprendo lo sviluppo di superfici in uno snodarsi ritmico di volumi quasi immersi in una atmosfera astratta. Dovunque, però, c’è una chiara lettura e tutto si muove entro i limiti di un controllato equilibrio compositivo.
E. Kaufmann (1963)

… “Il povero negro” scarnito ed espressionizato non rappresenta che il simbolo,l’emblema dell’uomo dir oggi che , sotto tanti aspetti; vive sconsolato dal progresso tecnico-scientifico. L’accentuazione scheletrica dei negri denutriti indica chiaramente una tendenza, un’allusione che ha significato polemico. Però, anche 5e le sculture del Biondi richiamano inconsciamente reminescenze  giacomettiane, le stesse rivelano una singolare amarezza, un grido soffocato di ribellione, una diretta invocazione per un mutamento nella situazione negro-uomo del nostro tempo.
F. P. Catalano (1968)

...Scultura lontana da involuzioni dialettiche e problematiche,   nessuna rottura con la migliore tradizione, rispetto al dato di natura rispetto ai valori eterni della classicità o meglio, della validità senza tempo.
...L’angoscia, gli smarrimenti, l’ insicura realtà e l’ insicuro domani,  che tanto caratterizzano  gran parte dell’arte del nostro secolo, sembra abbiano scelto a prototipo questi adolescenti del Biondi nelle cui bocche dischiuse da un grido muto si raggiunge l’acme del rattristato sentire dell’'artista
W. Lazzaro (1970)

… In tutte le sue opere non sfugge il senso profondo di una vitalità classica, palpitante, sobriamente e naturalmente composta anche se, spesso, vi troviamo aperture spaziali assai suggestive ... Il fatto è che l'opera di Biondi si potrebbe intendere come una “fatica virtuosa” prendendo in prestito un’espressione della storiografia del seicento.
N. Ardito (1971)

. . .C’è in Biondi, qualcosa che, trascendendo il reale, va oltre il simbolismo: una esaltazione di vita anzi, di vitalità, di dinamismo. Indubbiamente è un artista che ha vissuto e vive fino in fondo una professione di fede e che, nell’ avventura dell’ uomo, vede perpetuarsi la storia di ieri, e di sempre.
L. De Libero (1972)

... Si guardi,  per tutti il gruppo degli “Spirituali”; una terra cotta di altissimo valore plastico, dove i corpi abbandonati dei due cantanti, una uomo ed una donna, esprimono, nella loro nudità, non solo l’abbandono del corpo al canto sacro e dolente cui si offrono ma, soprattutto - a nostro giudizio - mettono a nudo I'anima addolorata con cui essi innalzano la loro persona e la loro fede a Dio. Biondi appartiene a quella luminosa categoria dei maestri che, nel silenzio e nella fiducia in se stessi, trovano la misura umana della bellezza eternamente sentita con la sola immagine di Dio sul mondo e nella anima nostra.
S. Paparatti (1972)

...Scattano al ritmo di una coerente stesura plastica le eleganti astrazioni di forme che lo scultore intona al gusto attuale con agile ricercata ben maturata esperienza.  È sua prerogativa, una prerogativa del Biondi incorporare nelle opere nutrimento classico aggiornato secondo le nuove estetiche con dinamica partecipazione storica delle contingenze esistenziali, per cui esse diventano attestazioni storicistiche, ed è nei volti che tecnica e spontaneità sensibilizzante si fondono e traducono il segreto del suo genio di firma indelebile. Tra i volti, quello del Cristo è il viso nella radicale significazione del “visum” a livello introspettivo. Nella dimensionalità umana del corpo del Cristo il Viso è nota spirituale raccolta in sordina tra le spalle e i capelli, punto focale da scoprire per gradi, come salendo a Lui nella scala del dolore dove è posto.
N. Prinzi (1972)

...Ho riscontrato in Biondi una persona sensibile a tutti gli aspetti della vita che segue la sua strada con volontà ferma. Partendo da origini realistiche, figurative ad una. ricerca spirituale, mantiene sempre, come misura, I’ essere umano.
C. German-Jann (1972)
scultrice Zurigo

… Vedo, altresì, nell’opera di Biondi di Giubbino il segno di una idea artistica e religiosa eseguita, come  dicevano gli antichi a regola d’arte.  Ci trovo 1la sua anima innamorata del Signore, una contemplazione dell’uomo Dio... Mi auguro che questa voce di verità e di poesia accolta in una chiesa, possa parare alle anime.
Monsignor G. Fallani (1972)
Sopraintendente Arte Sacra Vaticano

… Lo scultore non limita, i propri interessi espressivi e le proprie sperimentazioni formali ad una pur vasta gamma di risorse tematiche, di originali invenzioni, per il fatto che la sua salda base di fisica conoscenza e la particolare capacità ricettiva, nonché l’attenta osservazione anche rientrante nell’ambito di una approfondita introspezione psicologica gli consentono di affrontare le ingenti difficoltà opposte dalla trattazione del ritratto con estrema sicurezza e con evidente bravura. Come sento di dover ricordare quanto, in campo grafico, Biondi va svolgendo al fine di pervenire a soluzioni rientranti nell’ordine di una astrattistica figuralità resa attraverso la libera oggettivazione dei valori di movimento e di spazio e il determinarsi di essi in senso plastico onde giungere ad una quasi tetradimensionalità della risultanza portata ad isolarsi, strutturandosi iperbolicamente nel campo della più estrosa ideazione.
V. Scorza (1972)

...La sua opera non è soltanto un'avveduta penetrazione di ciò che è visibile a noi, dell’esistente,  ma un superamento ad esempio, del fisiologico nell’uomo per ricostruirlo in cosciente e sacra drammaticità (vedi il suo Cristo) di prorompente agilità (vedi i nudi africani) sicché i piani, e i volumi di cui vivono le sue composizioni statuarie riescono non arbitrari, ma spiritualmente illuminata, quasi la materia attendesse proprio quella redenzione plastica per rivelarsi a noi: mi riferisco, particolarmente, al "nudo" il "negro".... Questa è la modernità che amo, quella che ha un altissima premessa nella  "pietà" della vecchiaia di Michelangelo.(vedere il "Cristo sulla scala" ).
M. Rivosecchi (1972)

...Rendendo sempre omaggio alle sembianze fisiche, ha poi toccato una meta elevata nell’arte con la "deposizione" del 1945 (mai esposta n.d.a.) dove ha scelto, quale argomento suscitatore di compianto e di preghiera, come già l'ultimo Michelangelo, l’epilogo della consumazione del sacrificio, cioè il peso della morte appalesato dal reclinar del capo (i capelli quasi nascondono il volto), dal lento scivolare delle membra abbandonate e dalle ginocchia che si piegano.
Dinanzi alla Salma del Cristo, al corpo in cui non alberga più  lo spirito, la meditazione è rivolta allo estremo esito dell’ oculastro redentivo …. Una svolta decisiva per l’artista è contraddistinta dallo  sfilamento della figura umana  cui ha sottratto quanto più  massa possibile. Braccia, gambe, dorso e fianchi sono ridotti filiformi affinché si snodino, si flettano, si aprano nello spazio a prendere slanci a spiccare voli,  a compire agili movimenti ritmici di danza. Lo stesso “Don Chisciotte” e circondato da un esile filo che gli ruota intorno. Gli ovali dei capi sono gli unici  punti veramente fermi in questi scatti e guizzi lineari. Ma. tale inclinazione stilistica, all’altezza, alla piattezza, alla magrezza gioca altrove un ruolo non di mera eleganza bensì espressionistico, manifestando sofferenza e pena, malessere e angoscia nella condizione di individui oppressi fisicamente e moralmente (vedi “Spirituals” e “Dacchau”). Da ultimo, Biondi ha tentato di portare la spinta dell’urgente espressionismo oltre la veridicità, tramutando surrealmente la carne umana nelle specie di stracci torti, strizzati o di materiale vegetale poiché troviamo alcune apparenze di foglie in queste figure. Parlano in modo perspicuo di siffatto orientamento, i disegni da lui definiti “Composizioni Cellulari” e il bronzo “Scomposizione” dov’è osservabile l’esperienza della cavità, dello spazio vuoto accolto nella metamorfosi che simboleggiano la perdita dell’anima subita dall’uomo contemporaneo.
G. D’Avià (1972)

Definire le vie dell’arte è da tempo l'impegno dei critici che attendono a ricercare evoluzioni, mutamenti,  rettifiche, interpretazioni nell’opera dell’artista. Per Michele Biondi, scultore, ormai affermato in campo internazionale, è difficile trovare i “passaggi”  dalla una alla altra forma di espressione artistica. Si sa che generalmente uno scultore incomincia con la pittura, per poi affermarsi nella scultura. Michele Biondi, scultore, è scultore anche quando dipinge: i suoi soggetti egli li "vede" in chiave scultorea e, quindi è difficile indicare i passaggi dall’una all'altra forma di espressione … Ecco perché, egli, scultore per naturale vocazione, si dedica alla pittura e, non soddisfatto, si esprime di nuovo con la scultura per dire, con la maggiore efficacia possibile, ciò che la su'a sensibilità di artista non può contenere.
L. Mancini (1975)

...Superate alcune iniziali tendenze vagamente boccioniane che trasudano compiacimenti d'avanguardia futurista, man mano il Biondi seppe, ora con raffinate terrecotte, ora con bronzetti di squisita fattura, impadronirsi totalmente del "pathos" che Hegel proclamava "il vero punto dell’arte", punto, ovvero pienezza dell’espressione, che consente all’artista di mutare una sola figura in un intero mondo attraverso il proprio interiore spirito che, senza accorgersene, sa attingere ogni giorno, ogni ore, ogni minuto dalla strada, dalla gente, dalla natura che lo circonda.  Mi sovvengono a proposito e gioiosamente le rivedo, perché il ricordo è vivido e prende corpo, le oltre quaranta sculture (bronzo, argento, terracotta, marmo, legno, pietra, gesso ) e l’abbondante raccolta di schizzi, disegni, tempere, inchiostri,  penne ecc. che M. Biondi di Giubbino, per iniziativa dell’Ente Italo – Svizzera di Cultura e del Comune di Roma, sotto il patrocinio dell’Ambasciata Svizzera in Italia, riunì, anni addietro, nelle imponenti sale del romano Palazzo Braschi. Tutte le sue opere sono un canto di spiritualità.....E che dire di quel suo "CRISTO" alto quasi due metri che mani invisibili fanno scivolare giù da una scala, sostenuto da cordami fatti passare sotto le ascelle. Il corpo; sfinito dalla sofferenza dell’agonia e dissecato dal “transito” scivola (e non “sembra che scivoli”) sulle scarne ossute ginocchia intanto che i capelli – drammatico sipario – che si traduce in altissima lirica impetuosa e potente come una lauda (e) di Frà Jacopone nascondono parzialmente lo stanco, tormentato, dolcissimo volto. Michele Biondi riesce a fondere l'umano con il divino e ciò è confermato dalle innumerevoli opere di carattere religioso sparse un po’ dappertutto in Italia e all’estero.
Glauco Rino Nesi (1987)